La sanguinosissima guerra del retrogaming 2: Per vincere ci vogliono truppe addestrate

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[1. Per vincere grandi battaglie ci vogliono grandi eroi]
[3. Per vincere ci vuole un buon stratega]
[4. Per vincere bisogna epurare i traditori]
[5. Per vincere bisogna combattere la guerra digitale]

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Flavio Penne viene informato da un suo collega del call center che REBOOT RETRO sta cercando nuovi redattori. Per essere accettati bisogna possedere determinanti qualità. Bisogna essere: avventurosi, creativi, originali, coraggiosi, esperti di retrogaming, e infine possedere una certa fama e sintomatico mistero su internet.
Flavio Penne è un milanese purosangue dall’aria simpatica e non troppo sveglia. Di corporatura media e di spalle strette sa di essere nato per qualcosa di speciale. Di grandioso, di epico. Scendendo a una fermata di viale Ca’granda si presenta davanti al portone d’ingresso di un grosso condominio popolare in zona Niguarda.
Sul citofono una cascata di pulsanti corrispondenti ad altrettanti cognomi. Due di questi hanno scritto di fianco “Buccia“.

Nell’imbarazzo della scelta preme quello più in alto.
«Chi è?» gracchia una voce al citofono.
«Salve. Sono Flavio Penne. Sarei qui per quel colloquio…quello per REBOOT RETRO»
«Sesto piano. L’ascensore non va»

La pesante porta a vetri si sblocca con uno schiocco sordo e Flavio entra timoroso nell’androne deserto. Sulla destra una pianta di Ficus rinsecchita da un lustro.
Armato di buona volontà comincia a salire le scale.
Arriva al sesto piano con le ascelle che cominciano a gridare vendetta; il pianerottolo gli propone due porte di altrettanti appartamenti. Su ognuno di essi, sotto il campanello, c’è scritto “Buccia”.
Inaspettatamente, da una delle due porte esce un ragazzo sulla ventina con un cappellino da baseball piantato sulla testa. Esce trafelato e con lo sguardo smarrito, lasciandosi dietro un forte odore di pollo arrosto.

«Buongiorno, chiedo scusa. Cercavo la redazione di REBOOT RETRO» domanda Flavio al giovane Joe Di Maggio.
«Ah. Sei venuto anche tu per il colloquio?»
«Sì»
La faccia del ragazzo si fa di colpo serissima. «Scappa fin che puoi» dice sfilando accanto a lui per imboccare le scale.
«Perché?»
«Non fare domande. Scappa e basta» conclude il fuggiasco, fissandolo brevemente negli occhi prima di riprendere la sua repentina discesa.

Flavio resta interdetto ma nel dubbio decide di suonare lo stesso. In fondo aveva fatto tanta strada per arrivare fin lì. Sarebbe stato stupido fare dietro front proprio a un passo dal traguardo.
DRIIN!
La porta si socchiude e dall’interno un surrogato più giovane e mal riuscito di Ron Jeremy (uomo orrendo ma con un carisma di 30 cm), lo guarda dubbioso.

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«Sì?»
«Ciao. Sono Flavio Penne. Ho telefonato per quel posto nella redazione di REBOOT RETRO e…»
«SO BENISSIMO CHI SEI» sbotta il surrogato di Ron.«E so benissimo cosa sei venuto a fare»
Flavio resta per un attimo senza parole, poi prosegue: «Ah. Bene. Allora mi fai entrare?»
«Qual’è il computer più venduto al mondo?»
«Cosa?»
«Hai detto di essere venuto per entrare nella redazione di REBOOT RETRO, no? Sei o non sei esperto di retrogaming? Quindi quale è il computer più venduto al mondo?»
«Per caso è il Commodore 64?»
«Cos’è? Una domanda o una risposta?»
«Una risposta?»
Ron incunea il faccione tra lo stipite e la porta spedendo uno sguardo raggelante all’intervistato.
«Mi stai prendendo per il culo?»
Inquietato quanto basta, Flavio abbassa gli occhi e sussurra: «Una risposta»
Ron adesso lo squadra con soddisfazione.
«Bravo. Altra domanda. Naruto o Dragonball?»
«Oh. Questa non è così facile. Naruto è meglio di Dragonball per gli spadoni, ma Dragonball è meglio di Naruto per le trasformazioni in fighissimi super-sayan»
Il Ron Jeremy post-atomico lo guarda meravigliato.
«Bravissimo» dice. «Adesso puoi entrare»

L’interno dell’appartamento è buio e polveroso. Sulle pareti i tatuaggi rettangolari di quadri ormai scomparsi ma rimasti appesi per troppo tempo. Una lampadina penzolante dal soffitto illumina a malapena i contorni dell’ingresso.
«Vieni». Ron conduce Flavio in quello che una volta doveva essere stato il salotto buono. Adesso solo un portatile aperto su un tavolo e un paio di sedie metalliche dell’Ikea rimangono a piantonare la tetra desolazione. «Siediti lì.» L’ospite indica una sedia con il suo grasso indice simile a un salsicciotto.
«È questa la sede di REBOOT RETRO?» domanda Flavio mentre si accomoda.
«Dipende» risponde distaccato Ron sedendosi sull’altra sedia, dietro al tavolo.
«Dipende da cosa?»
«Dipende da come risponderai alle mie domande successive»
«Ah»

«BENE. Eh-EHM» Ron Jeremy si schiarisce la voce cercando di far ordine tra i fogli sparpagliati sulla scrivania. «Dunque. Io sono Adriano Buccia, fondatore e amministratore unico nonché capo supremo e indiscusso di REBOOT RETRO».
«…» Flavio tace.
«Adesso dì il mio nome»
«…»
«Ho detto dì il mio nome. Ripetilo a voce alta. Che hai? Problemi alle orecchie?»
«Ah…sì. ADRIANO BUCCIA!»
«Bravo. Non avrai altro capo all’infuori di me, tienilo bene a mente.»
«Certamente»

«Dunque Flavio, spingere le cose oltre i limiti non crea esaltazione, ma coscienza della fragilità umana. Noi qui a REBOOT RETRO facciamo esattamente questo. Spingiamo il concetto di retrogaming oltre i suoi limiti, gli facciamo superare la soglia e lo innalziamo a un livello tale che chiunque, ripeto CHIUNQUE, non possa fare a meno di ammettere che sia una forma d’arte ben disciplina e calibrata, da osservare e praticare in modo tale che elevi l’animo umano a uno stato di consapevolezza superiore.”
Flavio fissa Adriano con la bocca semi-aperta. «Mi scusi signor Buccia…»
«Capo, Flavio. Chiamami Capo»
«Ehm, si. Scusi capo, ma credo proprio di non aver capito»
Adriano unisce le mani sulla scrivania come fosse un atto di preghiera e scuote lievemente il capoccione.
«Prima che vendesse tutto, George Lucas si domandava come facesse la gente a trovare tante baggianate in un semplice film di fantascienza come il suo primo “Star Wars”. Oggi questo principio muove il mondo. La gente va al cinema a vedere “Batman Rises” di Nolan che è un film di merda e non si strappa gli occhi urlando che è una puttanata incomprensibile, non scoppia in attacchi di diarrea violenta in sala, non sale in cabina e punta una pistola alla tempia del proiezionista. No. Tace ed aspetta che durante il film spunti un babbeo che, con tono annoiato, gli faccia un mega-spiegone sui complicati intrecci della trama. Sui risvolti psicologici che essa implica, sulle millemila citazioni e doppi sensi che elevano una porcata inguardabile a capolavoro della cinematografia mondiale.»

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Ancora sconcerto da parte di Flavio ma il Buccia non ha finito.
«Noi con il retrogaming facciamo esattamente lo stesso. Esaltiamo iperbolicamente qualsiasi gioco, qualsiasi console o home-computer prodotti nel passato in modo da farli sembrare icone, totem ideologici impossibili da prescindere per chi volesse fare una partita a un qualsiasi videogioco del cazzo prodotto negli ultimi quarant’anni. Trasformiamo un semplice svago in una teoria certa. Ritornando al discorso di prima: Tu guardi un film aspettando che arrivi il coglione a farti lo spiegone? Bene. Quando giochi a un videogioco, noi siamo quelli che arrivano e fanno gli spiegoni!»
Flavio Penne è sconcertato e annichilito dalle parole del Buccia. I casi sono due: O ha di fronte il più grande genio del retrogaming mai apparso sulla faccia di questa terra, o ha di fronte il più grande idiota paranoico che abbia mai calcato le orme su questa palla di fango.

«Hai capito cosa intendo?» lo incalza il Buccia.
«Io…io credo di sì»
«Credi? Hai per caso detto credi? Ma che sei ritardato? Hai capito o non hai capito?»
«Ho capito, capo. Ho capito»
«Bene. Allora procediamo» Adriano prende uno dei fogli sulla scrivania e lo legge con sforzo, tenendolo a una certa distanza. «Vedo qui che hai detto di essere esperto nell’ambito del retrogaming anni ’80»
«Sì»
«Lo verificheremo subito» E così facendo ruota il portatile in modo che lo schermo sia visibile anche da Flavio. «Adesso guarda questi due filmati per 10 secondi».

Da un lato dello schermo scorre il gameplay di Pac-man, dall’altro questo:

«EH NO! NON CI SIAMO PROPRIO!» sbotta Adriano. «Cristo. Hai fissato continuamente il filmato sbagliato! Dannato pervertito, se lo sapevo ti mettevo un bavaglino per la bava!»
«Scusi capo» si umilia timidamente Flavio arrossendo un po’.
Digrignando i denti Adriano lancia una sommessa bestemmia, ma nonostante tutto si ricompone e prosegue.
«Facciamo finta che non sia importante e andiamo avanti. Dimmi Flavio, quali sono state le principali console e home computer che hanno caratterizzato gli anni ’80 in Italia?»
Il viso di Flavio risplende di un ampio sorriso mentre enuncia la risposta. «Beh, questa è facile. In ordine di popolarità: il Commodore 64 e l’Amiga, lo ZX Spectrum, l’Atari con il VCS, l’XL e l’ST e poi…non so, anche l’Amstrad?»
Un velo scuro si posa sul volto del Buccia mentre la sua mano lentamente scivola sotto il tavolo. Con le dita cerca qualcosa.
«Pensaci bene. Hai dimenticato un pezzo di storia del retrogaming molto importante»
Sulla fronte di Flavio compaiono delle rughe mentre si concentra per ricordare.
«Mmmh…Forse l’Oric?»
Adriano preme un interruttore nascosto e Flavio Penne letteralmente salta sulla sedia. Una scarica elettrica, portata da 2 sottili fili che prima non aveva notato gli fa battere i denti per circa un secondo.
«AAAH! MA CHE SUCCEDE?» strilla balzando in piedi.
«Questo è il prezzo della tua incompetenza Flavio. Rimettiti seduto» dice calmo il Buccia
«COL CAZZO CHE MI CI RIMETTO DANNATO IMBECILLE. SEI SCEMO?»
Di fronte a quella presa di posizione così netta, Adriano si sente in dovere di difendere il suo operato e si alza anche lui. I due si affrontano con solo il tavolino che li tiene separati. In stazza sono Davide contro Golia.
«LEI STIA ATTENTO A COME PARLA. IO SONO UN PUBBLICO UFFICIALE NELL’ESERCIZIO DELLE SUE FUNZIONI!» lo minaccia il Buccia.
«Tu sei un… COSA?» casca dalle nuvole Flavio.
«Io sono un agente di polizia municipale regolarmente abilitato ad espletare le sue mansioni di tutela dell’ordine pubblico. Sono fornito di manette e pistola d’ordinanza, e anche se in questo momento non sono in servizio ho ugualmente la possibilità di accedere al mio equipaggiamento e usarlo per tradurla in centrale per accertamenti»
Flavio resta senza parole. I capelli fumanti e ritti sulla testa come fossero i peli ispidi di un gatto durante la notte di capodanno. Gli occhi iniettati di sangue e la bocca aperta, spalancata in un espressione di meraviglia tale da farlo sembrare uno zulù di fronte a dei fuochi d’artificio.
«Lei si presenta a casa mia spacciandosi per un esperto di retrogaming e quando le chiedo le basi della disciplina si dimentica di menzionare l’MSX!IL GRANDE MSX che milioni di cuori adolescenziali ha fatto palpitare! L’MSX, la più perfetta macchina ludica mai comparsa sugli scaffali dei negozi in quegli anni. Incompresa e ingiustamente vilipesa anche nella sua incarnazione successiva MSX2. Emarginata dal razzismo informatico di quegli anni commodoriani e infine strangolata dalle logiche di mercato. Il solo e unico standard MSX, quello che ha permesso a gente come lei di utilizzare adesso un PC, perché come tutti sanno il progetto dell’MSX3 non era altro che il progetto di un PC assemblato, rubato nella notte da delinquenti prezzolati al soldo di Commodore e Atari, sicuramente.»

«ANDIAMO ADRIANO. È PRONTA LA PASTAAA» lo interrompe un’anziana voce femminile proveniente dal corridoio dell’ingresso.

«NON ROMPERE ADESSO MAMMA. TE L’HO DETTO CHE HO DA FARE!» sbraita il Buccia.
«Guarda che ti fredda e dopo non la mangi. E poi esci da casa di nonna. Cosa ci fai sempre chiuso qui dentro a far niente?»
Adriano Buccia arrossisce dalla rabbia e stringe i pugni avvicinandoseli al petto. «DANNAZIONE MAMMA. COSA VUOI CHE IMPORTI A NONNA. ORMAI È GIA BELLA E CHE POLVERIZZATA!» Poi si volta verso l’aspirante redattore che nel frattempo era rimasto in piedi basito: «E tu…»
«VAFFANCULO!» lo interrompe Flavio. Con uno scatto felino guizza verso l’uscita e se ne va giù per le scale senza voltarsi indietro.
Arrivato al piano terra nota che il portone a vetri dell’ingresso è chiuso. Dall’altra parte, intento a scrutare con attenzione la lunga fila di campanelli c’è un ragazzotto sulla trentina con lenti molto spesse e una t-shirt di PAC-MAN. Il ragazzo tenta di bloccarlo per chiedergli informazioni ma lui non si ferma. Gli dice soltanto:
«Scappa finché puoi»


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OMONE

Uomo di mare, scribacchino, padre. Arrivo su un cargo battente bandiera liberiana e mi installo nel posto più vicino al retrogaming e la cultura pop anni '80/'90. Nel mio passato ci sono progetti multimediali falliti in collaborazione con Makkox; tre libri scritti in collaborazione con me stesso e tre podcast di relativo successo. Atariano della prima ora, mi piace molto giocare ai videogiochi vecchi e nuovi. Tutte le notti guardo le stelle e aspetto che arrivino gli UFO.

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